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L’INTERVISTA
Il nuovo Arcivescovo di Fermo Rocco Pennacchio: “Noi lucani allergici agli eccessi e formalismi”

FERMO - Il motto per la sua insegna episcopale sarà 'Ti basta la mia grazia' tratto dalla seconda lettera ai Corinzi di San Paolo: "Sta ad indicare la centralità dell’opera di Dio nel ministero episcopale, la cui efficacia non si fonda sulle forze e doti umane della persona, ma nella potenza divina. Ciò richiede al pastore uno sforzo continuo di umiltà e di docilità per lasciar operare la grazia di Dio". Tra i primi incontri ufficiali il giorno successivo all'insediamento, domenica 3 dicembre, la visita alla Casa del Clero dove risiedono i sacerdoti anziani e subito dopo tappa in uno dei comuni terremotati dell'Arcidiocesi, probabilmente Amandola

 

di Paolo Paoletti

“Noi materani, in generale noi lucani siamo allergici alle ridondanze, agli eccessi, ai formalismi”. Monsignor Rocco Pennacchio, nuovo Arcivescovo di Fermo si racconta così, con quei valori che rappresentano le radici della sua terra. Una storia che ha visto varie dominazioni: “Gli antenati hanno sopportato con grande dignità – ci spiega – insieme e spesso nella povertà”.  Mentre fervono i preparativi per la cerimonia del 2 dicembre prossimo, in cattedrale, abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con Mons. Pennacchio per capire come sta vivendo questo periodo di transizione e allo stesso tempo conoscerlo meglio. Un pastore giovane, 54 anni, ma con alle spalle una grande esperienza e un grande rispetto per chi, prima di lui, è stato scelto per guidare le comunità dell’Arcidiocesi: dalle grandi alle piccole parrocchie. Anche per questo tra i primi incontri ufficiali che Rocco Pennacchio avrà il giorno successivo all’insediamento, domenica 3 dicembre, sarà la visita alla Casa del Clero dove risiedono i sacerdoti anziani subito dopo tappa in uno dei comuni terremotati dell’Arcidiocesi, probabilmente Amandola.

Eccellenza, entra nell’Arcidiocesi di Fermo in un momento in cui Papa Francesco sta dando una spinta per un profondo rinnovamento della Chiesa. Come interpreta l’esortazione apostolica Amoris Laetitia’ che pure ha creato non pochi malumori tra alcuni Vescovi?

Nell’Amoris Laetitia papa Francesco ha raccolto le istanze emerse ai due Sinodi sulla famiglia, quindi ha tenuto conto della vasta e articolata sensibilità che i padri sinodali hanno espresso durante i lavori. Già il titolo richiama la bellezza dell’amore e quindi la chiave di lettura positiva e impegnativa dell’esperienza coniugale. La sfida da cogliere è innanzitutto quella di proporre e riproporre l’ideale entusiasmante e impegnativo del matrimonio ai giovani, pur tra difficoltà e debolezze: non esiste la famiglia perfetta. Sarebbe riduttivo perciò concentrare le attenzioni solo sugli aspetti problematici e sui fallimenti. Tuttavia, nei confronti delle famiglie ferite l’atteggiamento della comunità cristiana dev’essere quello di accoglienza, ascolto, discernimento, accompagnamento.

Il nostro territorio è stato nei mesi scorsi scenario di una storia che forse per prima ha aperto la questione accoglienza dei migranti nel nostro paese. Papa Francesco esorta a toccare le periferie esistenziali e del mondo. In che modo la sua nuova missione episcopale andrà in questa direzione?

Di fronte alla complessità del fenomeno migratorio, che coinvolge nel mondo decine di milioni di persone, è impossibile e scarsamente realistico adottare atteggiamenti di chiusura e opposizione. È richiesto invece uno sforzo di integrazione pacifica che comporta faticosi cammini di reciproca accoglienza e comprensione. Da parte mia, mi inserirò nel solco delle iniziative che la diocesi da tempo ha messo in campo, coinvolgendo tante energie, senza dimenticare, come dice il Papa, che “Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri”.

L’Arcidiocesi di Fermo è la più vasta della regione Marche e come tale ha al suo interno tante comunità colpite dal sisma dello scorso anno. Come continuerà l’impegno della chiesa fermana a favore di queste popolazioni?

Innanzitutto rendendomi presente, ascoltando le famiglie colpite, infondendo incoraggiamento e speranza. Con l’aiuto degli esperti, sarà poi necessario fare il punto degli interventi in atto e delle priorità. Teniamo conto che la fase della ricostruzione coinvolge una pluralità di istituzioni; la chiesa farà la sua parte, mettendo in campo le risorse disponibili.

Quale sarà il motto per la sua insegna episcopale e cosa starà a significare nella sua azione da Arcivescovo?

“Ti basta la mia grazia”. Tratto dalla seconda lettera ai Corinzi di San Paolo, sta ad indicare la centralità dell’opera di Dio nel ministero episcopale, la cui efficacia non si fonda sulle forze e doti umane della persona, ma nella potenza divina. Ciò richiede al pastore uno sforzo continuo di umiltà e di docilità per lasciar operare la grazia di Dio.

Tra le tante priorità ha dichiarato che i giovani devono essere al centro della vita della Chiesa, cosa significherà questo nella sua azione concreta?

Innanzitutto ascolto e accoglienza delle istanze genuine, anche se critiche. I giovani ci costringono a scendere dal piedistallo, a guardare la realtà così com’è e non come noi la vorremmo. Basterebbe semplicemente coinvolgerli di più nella nostra progettualità, da laici che vivono nelle trame complesse della vita. Ma non iniziamo da zero…

Cosa porterà con sé dalla sua terra, una città Matera, che sarà Capitale della Cultura nel 2019?

Non saprei dirlo… di solito son gli altri che si accorgono di come siamo fatti. Noi materani, in generale noi lucani siamo allergici alle ridondanze, agli eccessi, ai formalismi. La nostra storia ha visto varie dominazioni, che gli antenati hanno sopportato con grande dignità, insieme, spesso nella povertà. Tutto ciò ha dato un imprinting culturale di essenzialità e sobrietà, sempre molto attenti alla forza dei legami che fanno crescere in comunità. Spero di essere fedele a questo stile.

Quali saranno i primi appuntamenti del calendario subito dopo il suo ingresso ufficiale nell’Arcidiocesi il prossimo 2 dicembre?

Domenica 3 dicembre sicuramente ci sarà la messa in cattedrale. Subito dopo stiamo pensando ad un incontro con i sacerdoti più anziani ospiti della Casa del Clero e nel pomeriggio mi recherò nelle zone colpite dal terremoto per incontrare le comunità. Molto probabilmente  visiterò Amandola.

 


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