Treno a vapore in partenza dal capolinea del tronchetto, oggi Piazzale T.C.Onesti
di Paolo Bartolomei
FERMO – Quella della Valle del Tenna è stata la più lunga ferrovia a scartamento ridotto delle Marche; le altre due sono state la Castelraimondo-Camerino (lunga 11 km, entrata in servizio nel 1906 e cessata nel 1956) e il tratto marchigiano di una quindicina di chilometri della Rimini-Novafeltria (aperto nel 1922 e cessato nel 1960). Tutte le altre secondarie interne sono a scartamento ordinario come la linea adriatica.
I PROGETTI PRELIMINARI E LE POLEMICHE
Il primo progetto è del 1877 quando il Comune di Fermo delibera di “far pratiche presso il Governo del Re” per collegare Fermo a Porto S. Giorgio (con la ferrovia adriatica, aperta tra il 1863 e il 1866) e con Amandola (dove sarebbe passata la futura ferrovia subappenninica Urbino-Fabriano-Tolentino-Ascoli-Teramo, mai completata).
Si pensa subito a prolungare la ferrovia verso l’Umbria, collegandola (attraverso una galleria sotto i Monti Sibillini che avrebbe sbucato a Norcia o a Visso), con la Norcia-Spoleto, in progettazione, quindi con Terni e Roma, ma tutto resta sulla carta perché infuriano le polemiche tra i sindaci della vallata (guidati dal deputato Galletti Di Cadillhac del Collegio di M.Giorgio) che vogliono una linea che non salga a Fermo, ma percorra più velocemente in rettilineo solo la valle del Tenna, da Porto S. Elpidio ad Amandola. In questo caso Fermo sarebbe tagliata fuori, ma collegata a Porto S. Giorgio con una tramway e a Campiglione (località all’epoca chiamata “i ponti” o “la cartiera”) con una lunga funicolare. Anche questo progetto naufraga perché non piace ai fermani.
L’ARRIVO DI BESENZANICA E LA NASCITA DELLA FERROVIA
Nel 1902 l’ingegnere milanese Ernesto Besenzanica, progettista di molte ferrovie sia principali che secondarie, anche in Europa, propone un tracciato analogo al primo progetto (degli ingegneri Marini e Fenili) che quindi passa per Fermo, ma con modifiche: tra il Porto e Fermo la linea non fiancheggia la strada provinciale Fermana (oggi superstrada) ma segue più o meno il percorso della odierna s.p. Castiglionese fino a poco dopo il cimitero di Fermo, poi, passando sotto l’odierna superstrada (con un piccolo tunnel riattivato per le auto una decina di anni fa e che collega il nuovo Polo Scolastico con via Respighi), aggira Fermo a nord (con la stazione principale poco più in basso della circonvallazione sotto l’Itis Montani) e ogni paese avrà una stazione propria, anche se lontana dall’abitato; quest’ultima previsione mette tutti d’accordo.
La Voce delle Marche del dicembre 1908 annuncia la prima corsa del trenino
La lunghezza è di 57 km, lo scartamento (distanza interna fra le rotaie) è ridotto (95 cm) per affrontare meglio gli stretti raggi di curvatura (il minore è 100 metri) e le pendenze (che arrivano al 30 per mille e nel tratto urbano di Fermo anche al 70 per mille). 33 i ponti, imponente quello tra Servigliano e Piane di Falerone, con 9 arcate e lungo ben 278 metri. Trazione prevista a vapore.
Il 2 luglio 1905 posa della prima pietra a Servigliano. Il 21 settembre 1906 l’ing. Besenzanica costituisce a Milano la Spa “Ferrovie Adriatico Appennino” (F.A.A.) con direzione dell’esercizio a Fermo, cento dipendenti.
L’attivazione della linea è rinviata due volte dall’estate e finalmente il 14 dicembre del 1908 parte la prima corsa commerciale “de lu trinittu”.
Il 2 agosto 1909 entra in funzione una diramazione con binario tronco (per questo chiamata “tronchetto”) da un punto denominato “biforcazione” (odierna via Respighi) che arriva al centro di Fermo (oggi Largo T.C. Onesti) attraverso un percorso urbano di tipo tranviario lungo 2,3 km, con notevoli pendenze fino al 70 per mille che impongono un doppio sistema di frenatura e la brevissima “Galleria Vinci” per superare una curva a gomito.
La stazione principale di Fermo (Santa Lucia) in una rara immagine delle origini quando era ancora denominata San Marco
L’ESERCIZIO: UNA VITA SUBITO DIFFICILE
Il treno è lentissimo, copre l’intero percorso in tre ore, con una velocità media di 20 km/h. L’entusiasmo iniziale si spegne, il treno viaggia sempre più vuoto. Le corse vengono ridotte e con la prima guerra mondiale i problemi aumentano, scarseggia il carbone, il personale è chiamato alle armi. Dal 1915 al 1920 resta una sola corsa giornaliera fino ad Amandola, mentre il servizio sul tronchetto è sospeso per alcuni anni, la concorrenza delle prime autocorriere si fa già sentire.
Il nuovo treno elettrico all’uscita dalla Galleria Vinci di Fermo
L’ELETTRIFICAZIONE
Si capisce da subito che una linea con percorso così difficoltoso può salvarsi solo con la trazione elettrica. Per i lavori di trasformazione i comuni interessati pagano la loro quota sottoscrivendo cambiali per 50 anni. La tensione è 2600 volt a corrente alternata trifase. Nel maggio 1928 le prime corse del treno elettrico, il 10 giugno l’inaugurazione ufficiale con rappresentanti del Governo fascista, che incentiva l’elettrificazione di tutte le ferrovie in Italia.
Aumenta la velocità e di conseguenza il traffico: tra Fermo e P.S.Giorgio si guadagnano circa sei minuti; sull’intero percorso si guadagna un’ora abbondante. Riprende il servizio sul tronchetto che fino al 1942 vede ben dieci coppie di treni al giorno per P.S.Giorgio. Il 1933 sarà l’anno del record storico con 311mila chilometri annui percorsi dai treni FAA. Si torna a parlare di una prosecuzione da Amandola verso nord per Tolentino (quindi Macerata e Fabriano), a sud per Ascoli (dove si progettava la Ascoli-Rieti-Roma) e ad ovest per Visso o Norcia (zone collegate a Terni e Roma con ferrovia inaugurata appena due anni prima). Già nel 1921 la FAA aveva chiesto la concessione per realizzare le prosecuzioni, apparendo l’unica via di salvezza, difatti nonostante l’incremento del traffico la situazione finanziaria peggiorerà.
Il treno elettrico al capolinea davanti alla stazione FS di Porto S. Giorgio
A funestare la vita del trenino elettrico ci si mettono pure alcuni incidenti. Molto grave quello del 26 novembre 1930 sul tronchetto, illustrato sulla copertina della Domenica del Corriere. Dopo la ripida discesa di viale XX settembre, alla curva della Torretta alle ore 8,30 l’automotrice deraglia, sfonda il parapetto e precipita nella via sottostante, provocando la morte di nove passeggeri più undici feriti gravi. Si registrano anche l’investimento di un’auto al passaggio a livello di Grottazzolina (quattro morti), due suicidi nonché una strage di pecore.
L’incidente disegnato da Achille Beltrame
LE DISTRUZIONI BELLICHE E L’EFFIMERA RIPRESA
Dall’inizio della seconda guerra mondiale fino al 1943 il servizio si svolge regolarmente, anzi il traffico aumenta per il trasporto di profughi, militari e rifornimenti da e verso il campo profughi n.59 di Servigliano nel 1941, e per i trasferimenti degli sfollati dalla costa, bombardata dagli Alleati.
Dopo l’armistizio, invece, si registrano i pesanti danni per la ritirata dell’esercito nazista che fa saltare in aria due cabine elettriche, il lungo viadotto di Servigliano, i ponti di Grottazzolina e di Madonna del Ferro a Fermo.
Il 20 luglio 1944 riprende il servizio a vapore solo tra Fermo e Porto S.Giorgio, poi fino a Piane di Falerone. Nel marzo 1945 l’energia elettrica è ripristinata, poi con la riparazione del viadotto di Servigliano riprende il servizio fino ad Amandola.
L’ingegner Besenzanica non fa in tempo a vedere i danni di guerra perché muore a Milano nel 1940, aveva 76 anni.
LA CHIUSURA, IL FILOBUS, LA FINE DELLA FAA E IL FUTURO
La ripresa nel dopoguerra è effimera, il treno è ormai obsoleto, le vetture vecchie e pericolose, le locomotive lente, le rotaie ormai logore. La stessa FAA nel 1950 ha in concessione quaranta corse stradali parallele che fanno concorrenza alla ferrovia.
Foto dell’incidente del 1930 alla Torretta
Nel 1954 viaggiano in treno l’80% in meno di tonnellate di merce rispetto al 1939 e i passeggeri toccano il record storico negativo. Nell’autunno 1955 una frana a M. S. Martino interrompe definitivamente il servizio tra Servigliano ed Amandola, è l’inizio della fine. I sindaci chiedono al Governo l’adozione dello scartamento ordinario (143,5 cm, che consentirebbe la circolazione promiscua con rete FS) e la prosecuzione per l’Umbria: solo una quindicina di km, di cui circa la metà in galleria sotto i Monti Sibillini (esattamente Pizzo Tre Vescovi), puntando su Ussita-Visso per collegare la FAA a Spoleto-Terni-Roma, unica soluzione per salvarla.
Invece con decreto 8 marzo 1956 il Governo impone la chiusura della ferrovia, la sua sostituzione con una filovia tra Fermo e P.S.Giorgio e con autolinee fino ad Amandola. 12 anni dopo sarà chiusa anche la Norcia-Spoleto.
Alle 19,30 di lunedì 27 agosto 1956 l’ultimo trenino elettrico arriva alla stazione di Fermo S. Lucia per non ripartire mai più.
Il 6 febbraio 1958 entra in funzione il filobus da Porto S. Giorgio a Fermo e poi una diramazione urbana Fermo centro-Tirassegno. I costi di costruzione della filovia sono quasi interamente coperti dalla vendita dei materiali ferroviari. Nel 1960 un milione di passeggeri trasportati dal filobus, resterà il record storico prima del boom dell’auto. La filovia cessa di funzionare il 31 dicembre 1977 quando era giunta l’ora di investire per il suo rinnovamento.
Nel 1986 la Provincia, i quaranta comuni del Fermano e la Comunità Montana dei Sibillini costituiscono la STEAT (prima società di trasporto pubblico della regione in forma di spa, le altre erano tutti consorzi tra comuni) che rileva le linee FAA.
Le automotrici elettriche della FAA nel loro caratteristico colore verde
È la fine di una storia iniziata 80 anni prima e di cui oggi, a più di un secolo, resta traccia solo nei fabbricati di stazione, nei caselli, nei ponti e nei viadotti, nella centrale elettrica di Fermo vicino al cimitero, ancora in piedi. E nella memoria della gente, nonché di pochi appassionati che continuano a pensare ad una riapertura, anche solo per scopi solo turistici, essendoci possibilità di finanziamenti europei; battaglia che da anni vede in primo piano Elvezio Serena, consigliere nazionale di Italia Nostra ed ex presidente della sezione di Fermo. Si parla anche della riapertura della filovia, più economica e meno inquinante anche degli autobus a metano.
BIBLIOGRAFIA:
“Il Treno della Valle del Tenna” (Dario Rossi, Fermo, 1997, Tip. Bonassi);
“La Voce delle Marche” (1908-1956) presso Biblioteca Comunale Spezioli di Fermo, e altre fonti.
La Voce delle Marche del settembre 1956
La Voce delle Marche del 1928 sull’elettrificazione
Il Consiglio Provinciale si pronuncia contro lo smantellamento nell’ottobre 1956, dopo che esso è già avvenuto
A Besenzanica, nel centenario della nascita della ferrovia, dieci anni fa, è stata dedicata la scalinata di accesso alla ex stazione S. Lucia di Fermo
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