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“Ricostruiamo la fiducia di chi non vota più”:
Buondonno su Sinistra Italiana
e sulla crisi del PD

POLITICA – L'ex segretario dell'Unione comunale dei Democratici di Fermo, poi passato a Sel, commenta le ultime novità

di Andrea Braconi

Come esce la Sinistra italiana dalla tre giorni di Rimini? Una domanda che domenica abbiamo fatto all’ex coordinatore provinciale di Sel, Roberto Vallasciani (leggi qui), e che oggi giriamo ad una figura politica importante del panorama locale, quel Giuseppe Buondonno che subito dopo la nascita del Governo Letta (che vide il Partito Democratico allearsi con Forza Italia dopo la fase di stallo provocata dall’esito del voto) lasciò la guida dell’Unione comunale del PD di Fermo, per approdare nei mesi successivi nel partito allora guidato da Nichi Vendola.

“Con Sinistra Italiana nasce, finalmente, un Partito politico che ha l’ambizione di ricostruire culturalmente, politicamente, sul piano organizzativo e del radicamento territoriale, la sinistra italiana – rimarca Buondonno -. Ricostruire, perché non si tratta di riaggregare quello che già esiste, né di unire piccoli gruppi dirigenti residui; si tratta di ricostruire, appunto, un popolo consapevole e attivo.”

Una scelta che avviene in un momento storico piuttosto delicato, sia sul fronte interno che a livello internazionale.

“La democrazia italiana sta vivendo una delle sue crisi peggiori e, come in altre fasi storiche, può venire soprattutto dalla sinistra la spinta ad una sua stagione nuova e più avanzata; lo spartiacque è stato, indubbiamente, il referendum del 4 dicembre, che ci ha detto quanto vitale possa essere, ancora, la partecipazione popolare.

Si tratta di una fase difficile, in Italia e in Europa, e gli interventi, al Congresso, dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Germania e da altri Paesi europei, testimoniano – come il recente Congresso di Podemos ha mostrato – che sta nascendo una nuova sinistra in Europa, e che le forze che, pur richiamandosi al socialismo, hanno attuato politiche di destra, subalterne agli interessi della grande finanza, sono oggi in una crisi profonda, in molti casi irreversibile. SI nasce piccola, ma ha l’apertura e la rotta giusta per incontrare e mobilitare pezzi importanti della società italiana. Ci sono milioni di persone che non votano, che – con più di qualche ragione – non credono più nella politica; ricostruire questa fiducia partecipativa, aggregare anche tante esperienze di solidarietà sociale, è un’urgenza di tutta la sinistra e della democrazia.

La frammentazione cui si assiste è figlia della fine irreversibile del centro sinistra, perché un centro non ha più senso, i problemi ed i conflitti sono molto più radicali e c’è bisogno di evitare che essi vedano nella destra populista e xenofoba un riferimento. In assenza della sinistra è ciò che sta accadendo.

Convinto della scelta di Fratoianni alla guida di questa nuova aggregazione?

“Sì. E’ una persona attenta ai linguaggi della contemporaneità, ma consapevole della storia e della responsabilità collettiva; mi sembra che abbia capito che serve un gruppo dirigente corale, perché il leaderismo è una malattia della democrazia, non una soluzione. Mi sono piaciute tre cose, in particolare, che ha sostenuto prima e durante questo Congresso: che bisogna ricostruire una autonomia culturale e politica della sinistra europea, che ci liberi dall’egemonia neoliberista e individualista di questo trentennio; che bisogna scacciare il “politicismo”, il teatrino di comparse e alleanze sempre più lontane dalle persone e dai loro problemi; che serve ridare “densità sociale” alla politica, ad una forza che, se vuole rappresentare il lavoro, i bisogni dei più deboli, i diritti, deve mobilitare chi li esprime, radicarsi nei luoghi e nei territori, non pretendere di rappresentarli solo nelle istituzioni, in tv o su facebook, La società si presenta liquida, ma nasconde ingiustizie e prepotenze molto solide.”

Quali rapporti con il PD?

“Intanto, viene da chiedersi che cos’è il PD? Oggi è desolante persino il modo in cui sta avvenendo questa specie di scissione, senza alcuna riflessione reale, nel gruppo dirigente, sulle cause che hanno determinato tanto la sua crisi, quanto quella – ben più grave – della democrazia italiana. Non è un caso che abbia perso milioni di voti e migliaia di militanti siano usciti più o meno silenziosamente; non è un caso che persone che provenivano da una storia di sinistra si siano piegate ad un disegno di riforma costituzionale pericoloso ed autoritario (che, per fortuna, gli italiani hanno sconfitto), a leggi che cancellano i diritti dei lavoratori e, oggi col piano Minniti, fanno arretrare i diritti umani dei migranti e dei profughi; non è un caso che da sud a nord quel Partito sia sempre più permeabile a processi corruttivi.

No, nessun rapporto col PD, se non duramente conflittuale con queste politiche. Bisogna ricostruire, con tenacia e fatica, una casa per le idee, le persone, i movimenti che si richiamano ai valori della giustizia sociale e del bene comune. Ma va fatta con quelle persone, non per quelle persone. La democrazia è questa partecipazione, non un mercato elettorale.”


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