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Il vice ministro Olivero e il post sisma:
“Una ricostruzione comunitaria, che abbia al centro il lavoro”
(FOTO E VIDEO)

FERMO – Le riflessioni del titolare del dicastero delle Politiche agricole, parole importanti anche da Verducci, Calcinaro e Don Franco Monterubbianesi

di Andrea Braconi

Una tavola rotonda informale in mezzo al frutteto di Montepacini (“in plain air”, come ha ironizzato la portavoce del Forum Nazionale Agricoltura Sociale, Ilaria Signoriello) ha caratterizzato la seconda parte della mattinata di Montepacini (leggi qui), con il vice ministro Andrea Olivero pronto ad indossare persino i panni del tecnico del suono per un problema al microfono.

La Signoriello ha ricostruito il percorso che ha portato alla scelta di Montepacini, dopo una riflessione avviata a seguito delle scosse del 24 agosto. “Volevamo far rivedere la terra con occhi diversi, una madre terra che sta riscrivendo da capo un’umanità. E in quest’ottica volevamo capire quale ruolo possa avere l’agricoltura sociale nella ricostruzione delle aree terremotate”.

“L’emergenza che questo territorio sta vivendo per molti versi ci interroga e ci pone di fronte alla necessità di andare a comprendere fino in fondo tutte le potenzialità dell’agricoltura sociale – ha rimarcato il vice ministro Olivero -. Nei giorni immediatamente successivi alle scosse tutti hanno ripetuto: ricostruiremo tutto così come era. Poi, quando si va avanti, ci si accorge che questa aspirazione nella realtà diventa quasi impossibile, ci si accorge che molto di quello che c’era era fragilissimo e allora bisogna cogliere l’essenza di ciò che esisteva, lasciando stare alcune cose e modificando alcuni assetti”.

Perché facendo questa analisi, ha aggiunto Olivero, “ci si rende conto che il tessuto agricolo delle aree interne era un tessuto fragile, debole. C’erano persone anziane che tenevano in piedi il mondo agricolo, era ed è la loro vita, ciò che gli è stato tramandato e ciò che vogliono trasmettere alle loro famiglie. Ci si rende conto che si tratta di comunità piccole, con pochi servizi, ma che avevano uno spirito comunitario emerso chiaramente in questi mesi difficili. E si è scoperto di avere molto di più di ciò che si immaginava. Ci si è accorti di avere prodotti straordinari che per certi versi non venivano connessi a queste aree interne, nelle Marche, nell’alto Lazio e nelle zone interne dell’Umbria. Ci si è resi conto che c’era una ricchezza reale di prodotto ma fragile sui mercati”.

Quindi, come ripartire? “Oggi dobbiamo far tesoro di questa drammatica acquisizione di realtà che abbiamo avuto in questi mesi, dobbiamo affrontare una radicale riorganizzazione delle imprese, al fianco dell’anziano deve esserci il giovane, occorre capire come ricostruire i servizi comunitari essenziali. E dobbiamo sviluppare un’attenzione al prodotto che garantisca una redditività delle aree interne”.

Un processo complicato ma all’interno del quale l’agricoltura sociale può e deve avere un ruolo fondamentale. “Può diventare un elemento di sviluppo e non marginale di mantenimento delle situazioni presenti. Questa esperienza serve da stimolo su come intervenire in tutte le aree interne del Paese, dobbiamo fare progettualità comune e serve un vero cambio di passo. In tanti vogliono dare un mano ad avviare questo progetto nuovo che non ci porti ad avere un museo, come avvenuto in altri luoghi disastrati. Non ci possiamo permettere questo. Vogliamo che ci sia e che sia innanzitutto una ricostruzione comunitaria, con il lavoro come prerogativa. Mettiamoci insieme, tiriamo fuori tutta la forza che c’è in questo territorio, perché l’agricoltura sociale è la strada giusta”.

“Con Marco Marchetti e Ilaria eravamo qui a marzo – ha aggiunto il senatore Francesco Verducci – e da quel giorno questo luogo è cresciuto ulteriormente. Per chi fa politica stare qui e ascoltare quello che viene fatto, le storie di chi è protagonista di queste esperienze è momento di grande arricchimento. Molte volte mi sono sentito con Don Franco e ho visto in questi anni crescere progetti con al centro il tema della terra. Un progetto che sostengo molto perché ha una forza politica molto grande e perché dentro c’è un’idea di società. Qui si rendono protagoniste persone svantaggiate ma che qui riescono a mettere a disposizione le proprie capacità”.

Con la partecipazione di tutti noi ricostruiremo questa società – ha urlato alla platea un sempre battagliero Don Franco Monterubbianesi – Dobbiamo dare ai giovani la dignità di ricostruire questa società sui valori umani e dell’accoglienza verso i più deboli, compresi i migranti. Noi siamo stanchi di essere considerati i tappabuchi, dobbiamo lavorare ad un cambiamento radicale insieme ai giovani per ricostruire dal basso la società italiana. La madre terra ci darà il senso di quella umiltà che oggi gli uomini non hanno più. Abbiamo bisogno di ritrovare la purezza delle fede che è l’amore verso gli altri. Servono ambienti umani dove anche un ragazzo grave possa avere la possibilità di vivere dignitosamente e insieme agli altri. Educhiamo i giovani a diventare i tutors delle persone deboli”.

E proprio Capodarco, fondata da persone come Don Franco “che muovono la storia”, ha aggiunto la Signoriello, ha cambiato questo Paese e le sue politiche sociali.

La realtà di Montepacini trova la sua forza nel suo percorso – ha concluso il sindaco Paolo Calcinaro -. Dobbiamo continuare con gli investimenti e crescere nelle strutture ma anche nella vicinanza alle tante progettualità che ci sono, anche in un tranquillo paese di una piccola provincia. E abbiamo visto sulla nostra pelle le difficoltà che emergono in una parte del nostro paese nei confronti di ragazzi richiedenti asilo. Ci sono anche le fragilità di tanti giovani che non trovano un indirizzo reale per la propria vita e le proprie aspettative, con insidie quotidiane, sulle quali abbiamo il dovere di intervenire. Quanto alla ricostruzione, il ritorno alla terra sarà fondamentale nei prossimi 2-3 anni e dobbiamo portarlo avanti come istituzioni locali e nazionali”.

Molte le testimonianze susseguite in occasione dell’incontro, con la presenza anche di realtà di San Ginesio e di Amatrice, tutte capaci di stimolare una riflessione collettiva sull’importanza dell’agricoltura sociale nel processo di ricostruzione.

Ultimo gesto simbolico della mattinata è stata la piantumazione da parte del vice ministro Olivero di alcune piante, donate da diverse realtà italiane, in quello che è stato denominato il Bosco della Rinascita.

           

 

“L’agricoltura sociale è un bene per tutta l’agricoltura”: Montepacini, un esempio nazionale (FOTO E VIDEO)


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