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Futuro Steat e acquisto dell’area,
Alessandrini fuga tutti i dubbi:
“L’azienda resterà pubblica”

FERMO – Il presidente risponde a Buondonno e accusa la Lega di strumentalizzare la questione. "Dopo l'acquisto - rimarca - un intervento immediato sarà togliere la frana addosso al capannone reso già inagibile"

di Andrea Braconi

La Steat, come annunciato, è pronta all’acquisto dell’area dell’ex stazione di Santa Lucia, dove attualmente insiste il suo deposito di mezzi. La data per esercitare il diritto di prelazione è quella di giovedì 21 novembre, data che sancirà la fine di una querele iniziata nelle scorse settimane e che continua ad avere pesanti strascichi. Al presidente Fabiano Alessandrini l’occasione per fare il punto l’ha data la nostra intervista a Giuseppe Buondonno, segretario regionale di Sinistra Italiana, (LEGGI QUI) nella quale erano stati sollevati diversi interrogativi su presente e futuro della società di trasporto pubblico.

Intanto la mancata partecipazione dei vertici Steat all’assemblea dello scorso 10 novembre. “Dal punto di vista professionale mi sarebbe piaciuto partecipare ma questa è una fase molto delicata e non vogliamo dare spazio a strumentalizzazioni, come già purtroppo si è verificato – commenta Alessandrini -. Molte forze politiche stanno strumentalizzando la cosa, invece la Steat fa la Steat, fa l’azienda e basta. E il fatto di buttare in politica le scelte dell’azienda in questo momento preferisco evitarlo”.

Rispedite al mittente le accuse della Lega. “Dicono che ci sia uno spreco di denaro pubblico perché, sempre secondo loro, soprattutto la Provincia poteva prendere l’area come socio di maggioranza, ma non è affatto così: l’area poteva essere presa solo per propri fini istituzionali, il fatto che siano soci non significa proprio nulla. Comune, che si guardano bene dal nominare, chissà perché, e Provincia non potevano prendere l’area per darla alla Steat. E poi di quale sperpero di denaro pubblico parlano? Io non ho avuto la possibilità di comprarla a 650.000 euro, ma compro qualcosa che il mercato ha detto che costa 1 milione e mezzo. Nessuno dice che fare un deposito nuovo mi costerebbe 3 milioni di euro. Così, quando avrò la serenità di guardarmi intorno, allora lì sì deciderò come azienda cosa fare e come farlo”.

Ma il nodo cruciale del ragionamento di Alessandrini è che la Steat era e resta un’azienda pubblica, pur essendo una Spa. “Del fatto che sia un’azienda pubblica non ci si ricorda mai, soprattutto quando c’è da considerare ricapitalizzazioni, questione deposito e altro ancora. Fino ad oggi del deposito della Steat non è fregato nulla a nessuno, come di una ricapitalizzazione. Per questo, invece, ringrazio Buondonno: è stato l’unico che ha detto chiaro e tondo che alla situazione data (Comune che non esercita l’acquisto e area destinata ad un privato) la Steat fa bene ad acquistarla. Ma non ho sentito nessun altro dire queste parole, nessuno. Dopodiché ripeto: noi facciamo l’azienda, altri enti fanno la programmazione urbanistica di un territorio, ognuno faccia le proprie scelte, noi faremo le nostre”.

Proprio Buondonno aveva però sollevato il problema dell’ingresso di soci privati. “Su questo – ricorda Alessandrini – come azienda ho posto davanti le possibilità da un punto di vista industriale, poi spetterà all’assemblea dei soci decidere cosa fare. Ma la questione del socio privato non è una cosa che mi invento io: i soci fondatori di Steat, i suoi padri nobili, inserirono nello statuto la possibilità di dare il 30% ad un socio esterno, quindi privato. Una scelta, va detto, lungimirante”.

Per il presidente bisogna anche intendersi sul significato di socio privato. “Per noi ognuno di quelli che non sono enti attualmente soci di Steat va definito come socio privato, ma non è detto che sia un’azienda privata. Potrebbe essere un’azienda come la nostra, Start, Contram, Conero Bus, cioè aziende interamente pubbliche così come altre extra regionali. Non parliamo di un socio finanziatore, anche se di capitale avremmo bisogno, ma piuttosto di un socio industriale, un socio che in qualche modo ci dia un supporto necessario tecnico e di forza industriale per partecipare alle gare, al di là della contingenza del deposito”.

Perché la Steat, va rimarcato, è una piccola società rispetto ad altre operanti sul territorio nazionale e non ha tutti i requisiti necessari da un punto di vista tecnico e finanziario per affrontare passaggi a dir poco epocali, come ribadisce Alessandrini. “Con un’azienda media o grande è difficile competere. Abbiamo fatto diverse proiezioni su questa gara e quindi se non oggi, quando sarà il momento sarà una questione che dovrà essere posta. Pensiamo alle garanzie fideiussorie, così come l’offrire un parco mezzi con una vetustà di 5-6 anni, rispetto ai 12 che abbiamo raggiunto oggi e con molta fatica: per noi questo significherebbe acquistare 100 mezzi. Questi ragionamenti li stanno facendo quasi tutti in giro, anche i più grandi di noi si stanno guardando intorno. Il socio privato, quindi, non è per noi qualcuno che è venuto a gara per fare supermercati o speculazione, ma è una questione industriale e di prospettiva”.

E anche se questa eventualità si concretizzasse, precisa, il 70% dell’azienda resterebbe comunque in mano pubblica, con la Provincia comunque sopra il 50%. “Quindi rimarrebbe pubblica e controllata dal pubblico” aggiunge.

Torna, Alessandrini, sul tema di una possibile ricapitalizzazione che, ribadisce, spetta esclusivamente ai soci. “Dal punto di vista di un’ipotetica delocalizzazione tra 6-7-8 anni, è un qualcosa che ci consentirebbe di essere operativi immediatamente, recuperando la cifra finanziata proprio attraverso la ricapitalizzazione”. Scelte che, sicuramente, cambierebbero il futuro dell’azienda. “Significherebbe che da domani potrei avere la possibilità di acquistare un terreno e, al contempo, cercare una soluzione per il deposito attuale concordata con il Comune. Ma non è che come dice qualcuno la Steat si mette a fare speculazioni: fa solo ed esclusivamente gli interessi di un’azienda pubblica. Non si capisce perché questo non debba essere tutelato, mentre tutti sono pronti a tutelare gli interessi di un privato”.

Non nega di essersi sentito solo nel difendere l’azienda. “Anche i partiti e le istituzioni devono fare l’interesse del pubblico, non pensare al proprio tifo o a fare un dispetto ad un altro, con l’azienda pubblica che sta in mezzo”.

Altro capitolo fondamentale: le ripercussioni sugli investimenti aziendali a causa di un esborso molto consistente. “É chiaro – spiega – che ci sarà una riduzione della capacità di investimento. Ma se non acquisto il deposito significa che mi trovo con un privato che mi dice di andarmene nel giro di 1-2 anni. E se va bene mi fa pagare un affitto pari alla rata del mutuo che avrei avuto acquistando l’area. Facendo questa operazione, invece, l’area rimane in mano pubblica e se il Comune di Fermo si metterà seduto e ragionerà contemperando i propri interessi e quelli di un’azienda pubblica della quale è socio allora credo possano esserci margini per fare scelte oculate e utili alla collettività”.

Da giovedì, quindi, l’area passerà nelle mani della Steat. “Un intervento immediato sarà togliere la frana addosso al capannone reso già inagibile. Successivamente faremo un percorso ragionato: questi sono momenti delicati, in cui l’azienda viene messa a dura prova per tutta una serie di motivi, con tutta una serie di azioni da fare e con le gare che sono state sì procrastinate ma che arriveranno”.

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