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Il Partito Comunista alza la voce:
“Per le zone terremotate più risorse
e più servizi pubblici”

RICOSTRUZIONE - Il no ad iniziative estemporanee e simboliche, servono aiuti ai cittadini, alle attività economiche e recuperare e mettere in sicurezza beni culturali e ambientali

 

La ricostruzione? Per il Comitato regionale del Partito Comunista Italiano delle Marche sono state fatte “promesse su promesse che difficilmente saranno mantenute”.

“Da una parte l’enormità della distruzione presuppone ingenti investimenti pluriennali, dall’altra c’è l’esigenza imprescindibile di ricreare il tessuto sociale, economico e culturale – spiega il responsabile comunicazione Giorgio Raccichini -. Andrebbero diversamente orientati tutti gli investimenti pubblici facendo delle scelte politiche forti e di rottura, come la sensibile riduzione della spesa militare, dettata per lo più non da esigenze di difesa nazionale. Inoltre le scelte politiche ed economiche dell’Unione Europea, basate su una miope volontà di deprimere la spesa pubblica e di svilire il ruolo dello Stato nell’organizzazione dell’economia e accettate da chi in questi anni ha avuto nelle proprie mani le leve del governo dell’Italia, rendono difficile il dovere della ricostruzione.

A questo contesto generale già non facile per le zone terremotate si vanno a sommare discutibili decisioni regionali. Scelte razionali imporrebbero un’allocazione delle risorse concentrata nella zona dei Sibillini e nei paesi maggiormente colpiti e danneggiati dal sisma. E ciò andrebbe a beneficio di tutto il sistema marchigiano che nel suo complesso rischia di subire conseguenze economiche pesanti per le condizioni attuali in cui versa buona parte dell’entroterra. Pertanto risultano difficilmente spiegabili investimenti che vanno largamente a beneficiare località che hanno avuto minori problemi in seguito ai fenomeni sismici. Viene il dubbio che il criterio discutibile di finanziare la ricostruzione o il consolidamento di un edificio simbolico in varie città interne ed esterne al cratere sia dettato da logiche clientelari.

Perché non concentrare tutti gli investimenti laddove ce n’è maggiormente bisogno? Disperdere i soldi in tanti rivoli non serve a nulla a quei paesi terremotati dell’entroterra che devono sentire molto più degli altri la vicinanza delle istituzioni.

Se vogliamo che l’entroterra risorga non occorrono iniziative estemporanee e simboliche, ma servono molti soldi per ricostruire le case, per aiutare le attività economiche, per recuperare e mettere in sicurezza i beni culturali e ambientali. E soprattutto bisogna potenziare i servizi pubblici (come quelli sanitari) senza i quali è impossibile evitare lo spopolamento delle aree interne, specialmente dopo tutto quello che è avvenuto”.


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