Eriberto Guidi e Mario Dondero
di Paolo Bartolomei
FERMO – Il 21 marzo di 89 anni fa nasce a Fermo Eriberto Guidi. Sin da bambino è attratto dal disegno, dalla pittura e dall’arte. A 21 anni impugna per la prima volta una fotocamera, è una “Condoretta” (fabbricata da Ferrania con la collaborazione delle Officine Galileo di Firenze), versione “entry level”, come si direbbe oggi, per fotoamatori della più celebre Condor. La Condoretta è un regalo di mamma Irma, costa 24mila lire.
Facendo i primi scatti, Guidi conosce Luigi Crocenzi, fotografo locale di soli sei anni più “grande” di lui ma che, grazie ai suoi studi milanesi, ha già una buona esperienza nel campo della fotografia realistica affiancata al cinema neorealista del dopoguerra.
Guidi inizia a collaborare con il Centro della Cultura nella Fotografia di Milano-Fermo (fondato pochi anni prima da Crocenzi nel capoluogo meneghino in via Rossini) partecipando nel 1957 al Festival Mondiale di Mosca con il reportage “Il primo treno“. L’impronta del maestro Crocenzi si vede nel reportage e nel racconto fotografico, dove Guidi privilegia l’uso dell’immagine come vera e propria scrittura, piena di linguaggio ed espressività, profilo che lo fa imporre rapidamente nel panorama dei fotografi italiani.
In questo modo i suoi scatti superano i confini nazionali nel 1970 quando la rivista internazionale Life, la più prestigiosa nel mondo per il fotogiornalismo, pubblica quattro immagini del maestro Guidi nelle edizioni di New York, Tokio e Amsterdam.
Le sue opere sono state recensite da Mario Monicelli, Alvaro Valentini, Luigi Dania, Giocondo Rongoni e molti altri esperti.
Life: copertina e pagine interne del numero di marzo 1970 con uno dei suoi paesaggi campestri
Nonostante ciò è rimasto sempre di carattere schivo, i suoi amici ricordano che alle presentazioni di sue opere non si metteva quasi mai sul palco, amava confondersi tra il pubblico, a volte nemmeno in prima fila. Persona molto riservata che parlava attraverso i suoi scatti. Dell’arte fotografica Eriberto diceva: “Se fossi capace di dire cosa sia, avrei lasciato la fotocamera e preso la penna. Puoi chiedermi cos’è la vita; per me è la stessa cosa, la vita! Ho iniziato nel 1951, da allora… nelle immagini posso ritrovare me stesso, le mie emozioni e le mie riflessioni.”
La recensione su Life
Il suo percorso artistico spazia da reportage di cultura e artigianato locale (Il Girfalco, Polenta per tutti, La Novizia, Il salone del barbiere, Fermo scene di teatro, L’Omero di Elcito, Ascoli Piceno la pietra e la città, Il Romanico nella Marca Fermana, Gubbio l’immortalità della pietra, La Cavalcata dell’Assunta di Fermo), fino ad excursus in Italia (poco conosciute e quasi inedite le stupende immagini di Venezia) e all’estero, e gradualmente si trasforma, sconfinando fino alla fotografia artistica e creativa. Negli anni settanta si avvicina al colore, anche ritoccando a pastello alcune sue foto.
Colpisce la sua perizia nell’utilizzo della luce radente che valorizza al massimo anche le più piccole asperità delle mura in pietra di Gubbio e di Ascoli, in laterizio di Fermo, oppure delle campagne marchigiane: “Campi quadrati” del 1998 è un omaggio agli scorci delle nostre colline coltivate, valorizzate dall’eccellente gioco di luci e ombre.
Nel 1977 torna nell’Unione Sovietica brezneviana e, grazie all’aiuto del giornalista fermano Carlo Benedetti (corrispondente dalla Russia per l’Unità) riesce a superare la “cortina di ferro”, gironzolare liberamente per Mosca e dintorni e catturare scatti irripetibili di un mondo ancora congelato in un’altra epoca.
Luce radente su un portale ne “Il romanico nella Marca Fermana”
Nel 1981 collabora, con una serie di sue immagini, alla realizzazione del film Rai “Il segno e il paesaggio” su Crocenzi, per il programma tv “Il patrimonio fotografico italiano”.
Nel 1993 è nominato Maestro di fotografia dalla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche. Nel 2003 collabora, insieme a Mario Dondero e Romano Folicaldi, alla parte visiva del libro “Il volto che muta“, viaggio nell’ex manicomio di Fermo.
Guidi è autore di una trentina di libri fotografici con vari editori (anche i fermani Andrea Livi e Trentatrè edizioni di Bibi Iacopini) e le sue opere sono pubblicate su cataloghi e riviste del settore, in testi scolastici, vari periodici italiani e stranieri; fototeche e musei italiani e stranieri conservano raccolte di sue opere.
Tantissime le sue mostre personali in Italia, molte anche all’estero a Copenaghen, a Parigi, Bordeaux, Bruxelles, Mosca, e ben due volte a New York, alla Uma Gallery nel 1998 e all’Hillwood Museum nel 2000.
Nel gennaio 1961 fu tra i fondatori del Fotocineclub di Fermo insieme a Luigi Crocenzi, a Raul Rongoni, Raffaele Gasparrini, Romano Folicaldi, Goffredo Petruzzi, Gualtiero Della Nave, Vittorio Gioventù, Vincenzo Nasini, i quali elessero a loro presidente Raimondo Doria, primario dell’Ospedale Murri di Fermo.
Dalla collaborazione del Fotocineclub con il Centro della Cultura nella Fotografia di Milano-Fermo, diretto da Crocenzi, nacque nell’agosto del 1961 la prima mostra in Italia di reportage e racconti fotografici.
Guidi ha lavorato tanti anni per l’Azienda di Soggiorno e Turismo di Fermo e poi per la Biblioteca comunale Spezioli.
Grande tifoso della Juve e della Fermana, suo fratello Eraldo fu calciatore canarino, poi allenatore e per tanti anni dirigente dei gialloblù; il figlio Enrico è tutt’ora collaboratore della stessa società sportiva.
Il maestro Eriberto si è spento a Fermo il 4 gennaio di tre anni fa tra il cordoglio generale.
Il suo sterminato archivio di pellicole è conservato a Fermo dai figli Enrico e Simona nello stesso posto dove per sessanta anni Eriberto ha tenuto il laboratorio. Il sogno di qualche suo vecchio amico è di organizzare presto a Fermo una grande mostra retrospettiva di tutte le sue opere, alcune delle quali ancora poco conosciute o inedite. Non ci sarebbe modo migliore per onorare un “professionista amatoriale” che ha dato lustro alla fotografia italiana e alla città di Fermo.
Statue congelate in un parco di Mosca
Castelluccio, quando quasi nessun fotografo la conosceva. Foto ritoccata a pastello.
Le altre tre foto di Guidi nella rivista Life
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