* di Marina R. Liberati
Il Covid-19 ha certamente cambiato le attuali prospettive di continuità soprattutto delle piccole e medie imprese che sono una parte rilevantissima del tessuto produttivo e commerciale del nostro paese e al contempo le più esposte ai rischi e ai conseguenti effetti di quello che gli economisti chiamano un “cigno nero”, cioè un evento grave ed inatteso, capace di provocare a largo raggio conseguenze negative per l’economia non soltanto nazionale.
Nel corso della storia l’umanità ha già conosciuto altre epidemie e pandemie o comunque eventi altrettanto drammatici dai quali ha saputo risollevarsi perché in grado, oltre che di trarre insegnamenti positivi dalle passate esperienze, di proiettarsi oltre le stesse rimuovendo quanto nel loro ricordo sarebbe di ostacolo ad una sana evoluzione dell’individuo e della società.
Le imprese sono ben consapevoli che devono reagire per mantenersi in un’ottica sia economica che finanziaria, possibilmente usufruendo delle opportunità offerte dai recenti provvedimenti di governo, più o meno adeguati e per ora sostanzialmente annunciati.
L’emergenza dettata dalla mancanza di risorse finanziarie a breve termine, lascia sullo sfondo le problematiche derivanti dall’applicazione della rinnovata normativa sulla crisi di impresa la cui applicazione verrà rinviata, salvo alcune sue parti, al 15 febbraio 2021. L’art.11 del d.l. n.19/2020 ha prorogato l’obbligo di segnalare all’Ocri (organismo che sarà istituito presso le Camere di Commercio) gli indizi della crisi da parte degli organi di controllo societari e di alcuni creditori qualificati.
La scelta di prorogare gli istituti dell’allerta sugli squilibri reddituali, finanziari e patrimoniali e della composizione assistita della crisi di impresa è il minimo che si poteva ragionevolmente attendere difronte al blocco generalizzato della attività produttive (salvo quelle ritenute essenziali). In tal modo, nella attuale contingenza, si è evitato di introdurre le imprese in un percorso di risanamento, pure finalizzato a favorire quanto più possibile soluzioni conservative dei valori aziendali, imposto dall’alto e quindi percepito dall’imprenditore come una sorta di ultimatum, ovvero come un pesante condizionamento delle proprie scelte tale da condurre ad esiti liquidatori.
La sospensione degli istituti di allerta non risolve però il problema della tenuta delle aziende che si trovano a dover riconsiderare le proprie scelte di mercato, ad ottenere l’agevolazione del credito bancario, ad auspicare maggiori sgravi fiscali e tempestivi interventi finanziari dello Stato. Eppure, gli strumenti che consentono di salvaguardare un’impresa in difficoltà sono da sempre patrimonio della dottrina aziendalistica ma troppo spesso adottati con ritardo rendendo la crisi, di fatto, irreversibile. In un mondo da tempo divenuto complesso, servono le giuste competenze in ogni luogo e la capacità di ascoltarle per trarne frutto anche nelle piccolissime realtà imprenditoriali.
* Tesoriere dell’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili della provincia di Fermo
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