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«La sanità pubblica sta naufragando», l’allarme di Catalini che lancia la mobilitazione

SANITA' - Il presidente Fesmed: «Mobilitazioni saranno organizzate a livello regionale il 15 giugno alle ore 11, quando in tutta Italia si svolgeranno contemporaneamente sit-in e assemblee.  È il momento di unire le forze, di nuotare tutti nella stessa direzione, per approdare quanto prima in un porto sicuro»

Giambattista Catalini

«La sanità pubblica sta naufragando. L’iceberg è stato colpito diversi anni fa, e i tentativi di rimanere a galla hanno fallito. Ora stiamo colando a picco. Turni massacranti, liste d’attesa, aggressioni e addirittura decessi sul lavoro, carenza di personale, burocrazia, contenziosi, tagli ai posti letto e contratti non rispettati stanno sommergendo noi, ovvero il personale sanitario, e i pazienti. Siamo noi le vittime parallele delle falle del Servizio sanitario nazionale». Analisi impietosa, quasi un de profundis, quella che arriva da Giambattista Catalini, presidente Fesmed, la federazione sindacale dei medici dirigenti. Una disamina che arriva a distanza di poche ore dagli interrogativi, quasi delle domande retoriche, posti dal sindaco di Fermo e presidente della conferenza dei sindaci del Fermano, Paolo Calcinaro, sulle gare per l’acquisto di arredi ed elettromedicali per il nuovo ospedale di Fermo. Insomma la sanità non esce dalla burrasca in cui è bloccata da mesi, anzi anni.

«Inviamo pressoché ogni giorno mayday che vengono ignorati. Siamo lasciati, da decenni e da governi di tutti i colori, in balia delle onde. Che la pandemia ha reso più alte, facendoci allontanare ancora di più dalla costa. Qualcuno ha deciso di abbandonare la nave su zattere di fortuna, in grado di arrivare su isole apparentemente più sicure, siano esse strutture private, Paesi esteri, cooperative o prepensionamenti. Ma chi crede nella sanità pubblica non può rimanere a guardare. Le folle che prendono d’assalto i Pronto soccorso, unica porta sempre aperta che assicura una risposta ai bisogni di salute dei cittadini, non possono lasciare indifferenti. I malati che aspettano per giorni di essere ricoverati in barella, in condizioni pietose, non sono accettabili in uno dei Paesi più sviluppati del mondo. Sapere che per una visita, un esame o un intervento chirurgico occorre attendere mesi, se non addirittura anni, dovrebbe portare in piazza centinaia di migliaia di persone, proprio come accaduto a Parigi e a Madrid.
Non è accettabile lavorare 50-60 ore a settimana, fare 8-9 notti al mese, sapere che 9 medici su 10 non avranno alcuna possibilità di fare carriera, guadagnare, a parità di potere d’acquisto, il 70% in meno di un medico tedesco e il 40% in meno di un inglese. È impensabile continuare a patire sul lavoro, a causa di un’aggressività crescente che spesso sfocia in insulti e spintoni, a volte in sprangate e strangolamenti. Non è immaginabile lavorare con il terrore di finire in tribunale, e di dover pagare ogni anno migliaia di euro in polizze che possano assicurare il nostro lavoro.
Noi tutti, allora, dobbiamo alzare la voce, se – l’appello di Catalini – vogliamo salvare quella che è sempre stata considerata la nave ammiraglia del nostro Paese, invidiata e ammirata dal mondo intero. L’intersindacale della dirigenza medica ha dato vita ad un movimento che possa riunire tutti, sanitari e cittadini, per far comprendere la necessità di un intervento straordinario che possa riparare le falle del Servizio sanitario nazionale e trascinarlo verso acque più sicure. Il 16 maggio, a Roma, saranno presentati il movimento, un manifesto unitario e le azioni di protesta in calendario nelle prossime settimane. A partire dalle mobilitazioni che saranno organizzate a livello regionale il 15 giugno alle ore 11, quando in tutta Italia si svolgeranno contemporaneamente sit-in e assemblee.
È il momento di unire le forze, di nuotare tutti nella stessa direzione, per approdare quanto prima in un porto sicuro».

 



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