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Fermano messo all’angolo dal maltempo. Intanto il Contratto di Fiume ‘Ete Vivo’ è sparito dai radar

AMBIENTE - Gli strumenti a disposizione degli amministratori locali per far fronte al rischio idrogeologico sono pochi, ma quando ci sono spesso non vengono utilizzati. Il Contratto di Fiume messo sul tavolo dalle sigle ambientaliste poteva essere un primo passo per creare una rete virtuosa per gestire l'Ete Vivo ma i lavori si sono arenati

Il fiume Ete

 

di Alessandro Luzi

Questi giorni di pioggia hanno messo a nudo, per l’ennesima volta, tutte le fragilità idrogeologiche del territorio Fermano. In questo maggio travestito da novembre non cessa di piovere e, date le allerte meteo diramate nei giorni scorsi dalla Protezione Civile, non era difficile ipotizzare lo scenario che poi si è presentato. Alberi caduti, frane, smottamenti, allagamenti e esondazioni. In particolare ha destato particolare preoccupazione l’Ete Vivo. Anche il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, in settimana sulla sua pagina Facebook aveva invitato a prestare massima attenzione in prossimità del corso d’acqua. Tra l’altro erano stati chiusi i ponti Molino Paci (di legno) e Sacri Cuori. Insomma, torniamo sempre lì: che cosa si sta facendo per mettere in sicurezza l’Ete?

Più volte sulle pagine di Cronache Fermane abbiamo documentato una scarsa attenzione su questi temi da parte della politica locale. È vero, per via dell’intricata macchina burocratica, spesso gli amministratori sono costretti ad operare a lance spuntate. Oltretutto, a detta dei sindaci, i fondi a riguardo sono esigui. Ieri parlavano di “fare rete” tra istituzioni per mettere in sicurezza il territorio. Però poi quando c’è l’occasione di passare dalla teoria ai fatti, spesso si volge lo sguardo dall’altra parte. Infatti qualcosa sembrava muoversi con la proposta del Contratto di Fiume Ete Vivo, messa sul tavolo dalle sigle ambientaliste. A dicembre 2022 c’è stato un primo incontro, molto partecipato, tra quest’ultime e le amministrazioni. Tutti d’accordo e decisi a partire in quarta con l’iter. Poi il silenzio fino a marzo, quando c’è stata la seconda riunione. Intanto alcune frizioni avevano iniziato a farsi largo tra gli assessori di competenza. Infatti, Fabio Senzacqua, assessore all’Ambiente di Porto San Giorgio, aveva puntato il dito contro il comune di Fermo (l’assessore Maria Antonietta di Felice era arrivata in ritardo per via di un incontro istituzionale) e la Provincia per uno scarso impegno sul tema. Al fotofinish Di Felice, dopo aver giustificato il ritardo, aveva chiesto un nuovo incontro per valutare la questione in modo approfondito.

Oggi, a distanza di circa due mesi, l’interesse per trovare l’intesa sul Contratto sembra essere scivolato via con l’ingente quantità d’acqua piovuta in questi giorni sul Fermano. Certo, un ipotetico accordo non avrebbe cambiato le conseguenze di questa ondata di maltempo. Le criticità partono da lontano e serve intraprendere un percorso a medio-lungo termine per risolvere. Però intanto qualcosa nel breve periodo si può fare, come per esempio mettere in sicurezza gli argini e il letto dei fiumi. Ecco, il Contratto di fiume va proprio in questa direzione. Allora perché i lavori si sono arenati e ogni Comune continua a muoversi in modo disorganico? L’interrogativo sorge spontaneo, soprattutto se si pensa che sempre più spesso dovremo adattarci ad affrontare questi fenomeni metereologici. Gli esperti parlano chiaro, il cambiamento climatico è in atto quindi è importante mettere in sicurezza il territorio per evitare o quanto meno limitare i possibili danni. Se poi però tutte le occasioni per gestire adeguatamente il patrimonio ambientale vengono gettate alle ortiche, allora ad ogni perturbazione saremo costretti a vivere delle giornate thriller.

In questi giorni sui social impazzavano le domande sullo stato dei fiumi ed erano costanti gli aggiornamenti degli organi competenti e dei sindaci. Ecco, bene i post sui social così come le allerte diramate in via preventiva. Bene la chiusura delle scuole per evitare situazioni di rischio e bene il blocco del traffico su alcuni ponti. Bene anche gli inviti ai cittadini di non frequentare alcune zone dove potrebbero verificarsi delle criticità. Ma non si può ogni volta indirizzare i comportamenti della popolazione e intervenire a ridosso di un fenomeno atmosferico. La politica deve assumersi le sue responsabilità e utilizzare gli strumenti per ridurre l’impatto di questi fenomeni atmosferici. Quindi, perché non riprendere in mano l’iter del Contratto di Fiume ‘Ete Vivo’? Intanto sarebbe un primo passo per coordinare i lavori tra le amministrazioni locali e le sigle ambientaliste e tutelare un bene ambientale, spesso sotto i riflettori durante le ondate di maltempo. Senza un lavoro in sinergia, per i Comuni di piccole e medie dimensioni diventa difficile far sentire la propria voce e intercettare i fondi. Inoltre, a detta degli esperti, è pressoché inutile intervenire puntualmente lungo il corso dei fiumi. Quindi serve più che mai fare rete, invece per ora si fa fatica anche a schierare la formazione.


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