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Campagne elettorali silenziate, strategie di corte e candidati senza appeal: il mix ammazza-voto è servito

VOTO - A Porto San Giorgio si sono persi ben 6 punti percentuali (dal 63,61% di cinque anni fa a un 57,77%), a Sant'Elpidio a Mare - 4% (dal 57,34% al 53,16%) e a Pedaso, dove, però, è in corsa un solo candidato sindaco, di punti se ne sono persi ben 12 (dal 73,06% al 61,27%)

Nulla poterono nemmeno le Comunali. A distanza di poche ore dall’inizio dello spoglio per le elezioni amministrative a Sant’Elpidio a Mare, Porto San Giorgio e Pedaso, abbiamo già un vincitore, una vittoria schiacciante, incontrovertibile e, dati alla mano, dilagante: l’astensionismo.

Se il referendum, nel Fermano, segue grossomodo il trend nazionale, con percentuali lontane anni luce dal quorum (su scala nazionale siamo al 20,95%, nelle Marche al 20,72% mentre nel Fermano al 24,6%), ma parliamo della storia di un giudizio popolare mai decollato, elettoralmente parlando, quello che maggiormente fa riflettere è la sensibile flessione in termini di votanti alle Comunali. A Porto San Giorgio si sono persi ben 6 punti percentuali (dal 63,61% di cinque anni fa a un 57,77%), a Sant’Elpidio a Mare – 4% (dal 57,34% al 53,16%) e a Pedaso, dove, però, è in corsa un solo candidato sindaco, di punti se ne sono persi ben 12 (dal 73,06% al 61,27%). Se in quest’ultimo caso ha sicuramente inciso la corsa in solitaria, in un confronto contro il quorum e le schede valide) del sindaco uscente, negli altri due si intersecano fattori che devono far riflettere, eccome.

I più placidi e fatalisti addebiteranno il flop all’unica giornata di voto, alla bella domenica di sole dopo il week end scorso segnato dal maltempo, alla disaffezione o disabitudine al voto, alla politica, al civismo inteso nel senso più nobile di partecipazione attiva al res publica. Qualcuno avrà anche pensato che la propria preferenza non sarebbe stata decisiva per l’esito elettorale, dunque perché perdere tempo al seggio? Certo, c’è stato anche chi, liste e candidati sindaci alla mano, non ha trovato alcuno a cui concedere la propria fiducia. Tutte giustificazioni che, al cospetto di un diritto (e dovere) di voto, non reggono.

(clicca per ingrandire. Fonte Ministero dell’Interno)

E le responsabilità? Bisogna sempre e comunque andare a votare, diranno gli ortodossi dell’urna. Ma se dall’altra parte sfilano candidati, liste, coalizioni (anzi, meglio aggregazioni) che non convincono, è difficile se non impossibile far brillare il fascino dell’urna. Per carità, meno liste rispetto al 2017, ergo meno candidati in corsa. Ma trovare una correlazione statistica, scientifica, tra il numero dei candidati e quello degli elettori equivarrebbe a giustificare una troppo vincolante correlazione tra rappresentanti e rappresentati. Molto più verosimile, e più opportuno, rifarsi a un progressivo disinnamoramento dell’urna dei cittadini su cui tante, troppe parole, sono state spese soprattutto dalla politica ma che non è mai stato affrontato come un vero problema, di quelli che dunque necessitano di una diagnosi e di una terapia.

Formare liste con candidati, per carità volenterosi, ma avvicinatisi all’impegno civico in extremis (certo non tutti), attendismi e guerre di posizione che hanno silenziato la campagna elettorale, non hanno fatto altro che favorire la spinta centrifuga dai seggi. E di certo i battage a colpi di messaggini e santini si sono rivelati, ormai è appurato, come un sistema fallimentare, e che invece di avvicinare e solleticare le attenzioni e le curiosità degli elettori, non fa altro che spingerli altrove. E come non spendere una parola per quei programmi elettorali ‘fiume’, confezionati con lo stampino e ‘buoni’ per tutte le stagioni? Morale della favola? Avremo sindaci che, sì, istituzionalmente rappresenteranno tutti i loro concittadini (e ci mancherebbe altro) ma che all’atto pratico si insedieranno forti, si fa per dire, di un consenso elettorale di una quota minima di consensi (nero su bianco) delle loro città che osserveranno con piglio critico anche la composizione dei nuovi Consigli e Giunte. Perché da loro passerà, giocoforza, il futuro delle città. Quali criteri seguiranno i novelli sindaci? Competenze? Preferenze incassate? Promesse pre-elettorali da mantenere? Altro bel banco di prova non da poco per valutare la compattezza dei vincitori. Ma soprattutto quanti di quei oggi candidati consiglieri da qui a poche settimane, magari mesi, si daranno alla macchia, spariranno, silenti o imbestialiti per scelte non condivisibili o, anche in questo caso, promesse non mantenute da parte di chi li ha spinti alla candidatura? Aperta parentesi, e che parentesi: chi siederà sui banchi delle maggioranze avrà davvero voglia di studiare e maturare una coscienza critica o prenderanno corpo solo grupponi di yes-(wo)man utili solo a portare acqua al mulino delle amministrazioni? Par condicio per par condicio, le opposizioni approderanno in assise con vera coscienza critica e volontà di assolvere a quell’incarico, pilastro della democrazia, di vigilanza sull’operato delle amministrazioni? O anche in questo caso si punterà, al massimo, ad incassare il gettone di presenza fregiandosi in piazza della carica di consigliere?

Se l’astensionismo la fa ormai sempre più da padrone, ed è un dato di fatto, in attesa di un vero cambio di passo la speranza è che a fare il paio con il ‘non voto’ non arrivi il radicamento dell’impegno effimero che si materializza con quelle candidature da spremere oggi per domani. Insomma usa e getta.

Giorgio Fedeli


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