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Decreto Liquidità, i commercialisti:
“Criticità e rischi, si può fare di più”

PAROLA AGLI ESPERTI - Continua su Cronache Fermane la rubrica in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Fermo guidato dalla presidente Eliana Quintili. Ogni settimana i professionisti iscritti all'Ordine affrontano temi di attualità e approfondimenti sul mondo della contabilità, fiscale e del lavoro

* di Dott. Roberto Vittori 

Decreto legge 23 dell’8 aprile 2020? Si può fare di più. Con il presente articolo si intende fornire alcuni commenti e spunti pratici al Decreto Legge n.23 dell’8 aprile 2020, pubblicato in Gazzetta ufficiale nella notte tra l’8 ed il 9 aprile, nominato ‘Decreto Liquidità‘ e subito ribattezzato da molti ‘Decreto Prestito’.
Tale decreto mette in campo un volume di garanzie per 400 miliardi di euro che potenzialmente impattano su un volume di prestiti di pari importo: 200 miliardi a sostegno dell’esportazione, dell’internazionalizzazione e degli investimenti delle imprese e 200 miliardi a sostegno della liquidità delle imprese, di cui 30 miliardi a supporto delle Pmi.
L’intento sarà, quindi, quello di sottolineare alcune criticità, facendo delle riflessioni in merito. L’art.13 del Decreto Legge (Fondo centrale di garanzia Pmi) riscrive l’art.49 del DL n.18 ‘Cura Italia’: alla lettera m) si prevede una garanzia del Fondo con copertura del 100%, per finanziamenti non superiori a 25.000 euro e comunque per importi inferiori al 25% dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dal bilancio dell’anno 2019 o da dati certificati relativi al 2019 se il bilancio non risulta ancora approvato (situazione molto probabile).
Da una prima analisi l’accesso a tale finanziamento sembrerebbe immediato, invece così non è in quanto:
• la garanzia statale del 100% potrà attivarsi solo previa autorizzazione della Commissione europea;
• il beneficiario, nel periodo ante 31 gennaio 2020, non deve presentare esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come ‘inadempienze probabili’ o ‘scadute o sconfinanti deteriorate’, ai sensi della Circolare n.272/2008 della Banca d’Italia, come confermato dalla Informativa Abi – prot 686 del 9 aprile 2020;
• sussiste comunque un’istruttoria bancaria ai fini della concessione del finanziamento.
Il finanziamento sarà rimborsabile al massimo in 6 anni, di cui 2 anni in pre-ammortamento, con versamento dei soli interessi. I finanziamenti garantiti dal Fondo centrale di garanzia Pmi non prevedono costi per la concessione della garanzia, ma solo costi a titolo di interessi, che, secondo il Decreto, non dovrebbero superare l’1,2%.
Riguardo le Pmi con meno di 500 dipendenti, le stesse potranno richiedere finanziamenti della durata massima di 6 anni, per importi non superiori al maggiore tra il doppio della spesa sostenuta per il personale nel 2019, il 25% del fatturato del 2019 ed il fabbisogno per capitale d’esercizio e di investimento nei successivi 18 mesi o 12 mesi, a seconda della dimensione delle aziende.
Per tali tipologia di beneficiari è prevista una garanzia statale del 90%, a seguito di istruttoria e la durata del finanziamento è di 6 anni.
In caso di ricavi 2019 inferiori a 3,2 milioni di euro, per finanziamenti inferiori ad euro 800.000, la garanzia prevista dal Fondo Pmi è pari al 90% ed un ulteriore 10% potrà essere garantito dal Confidi, se la richiesta è corredata da un’autocertificazione ai sensi dell’art.47 Dpr 445/2000 che indichi i danni subiti dall’emergenza Covid-19.
Si sottolinea, inoltre, la possibilità per i beneficiari di utilizzare i nuovi finanziamenti per far fronte anticipatamente ad altre esposizioni bancarie in essere: l’art.13, infatti, indica che si ha un nuovo finanziamento quando l’ammontare complessivo delle esposizioni del finanziatore nei confronti del soggetto finanziato risulta superiore all’ammontare delle esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto.
Il rischio concreto è quindi che tali misure potrebbero comportare, in diversi casi, solamente ad una variazione della garanzia, che da personale potrebbe diventare statale, con un’esigua liquidità aggiuntiva.
Relativamente alle grandi imprese, invece, l’art.1 del Decreto introduce gli impegni assunti dalla Sace Spa per 200 miliardi, di cui 30 destinati alle Pmi.
La garanzia della Sace Spa è pari al 90% (in caso di aziende con meno di 5.000 dipendenti ed un fatturato inferiore ad 1,5 miliardi), all’80% (in caso aziende con più di 5.000 dipendenti ed un fatturato compreso tra 1,5 miliardi e 5 miliardi), al 70% in caso di aziende con fatturato superiore a 5 miliardi. Nella fattispecie sopra descritte le tempistiche di erogazione della liquidità sono ancora più lunghe, considerando l’obbligatorietà dell’istruttoria Sace e di quella dell’Istituto bancario.
Sono inoltre previsti costi per la concessione della garanzia, oltre agli interessi da corrispondere alla banca.
Un’ulteriore criticità dei finanziamenti garantiti dalla Sace Spa è data dalla impossibilità di distribuire dividendi nel corso del 2020, dall’obbligo di mantenere la forza lavoro in essere alla data dell’erogazione del finanziamento e dall’obbligo di destinare la liquidità ricevuta al sostenimento di costi del personale, ad investimenti ed al capitale circolante impiegati in stabilimenti ed in attività imprenditoriali localizzate in Italia.


Considerando che le aziende italiane sono notoriamente molto indebitate, e quindi sotto-capitalizzate, si ha modo di ritenere che incentivare un incremento del debito non possa contribuire efficacemente alla ripresa economica post crisi Covid-19.
Come dichiarato dal presidente Abi, Patuelli, la sensazione di immediatezza della distribuzione della liquidità è assolutamente non fondata, con tempi che saranno lunghi.
Riguardo la durata dei finanziamenti, imposta dalle attuali regole europee, pari a massimo 6 anni, sarebbe stato opportuno prevedere un periodo di rientro pari a 25/30 anni, come richiesto da Confindustria, considerando che la ripresa economica non si avrà certo nel breve termine.
Relativamente alla misura di natura tributaria e contributiva, l’art.18 del Decreto sospende i versamenti tributari e contributivi di marzo ed aprile 2020, da versare entro il 30 giugno 2020 in unica soluzione od in 5 rate mensili (ritenute sul lavoro dipendente, Iva, contributi previdenziali ed assistenziali, Inail) dimostrando di aver subito un calo pari almeno al 33% del fatturato e/o dei corrispettivi (aziende con fatturato 2019 inferiore a 50 milioni) o pari almeno al 50% del fatturato e/o dei corrispettivi (aziende con fatturato 2019 inferiore a 50 milioni) nel mese di marzo 2020 rispetto al mese di marzo 2019 e nel mese di aprile 2020 rispetto al mese di aprile 2019.
Tale provvedimento avrebbe dovuto prevedere un rinvio dei versamenti almeno al 30 settembre 2020, come proposto dal Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti contabili, se non addirittura al 31 dicembre 2020, al fine favorire un reale incremento della liquidità presso le aziende.
Così non è stato, anzi, l’art. 20 del Decreto non ha neanche previsto alcuna dilazione del versamento del saldo anno 2019 e dell’acconto anno 2020 delle imposte sui redditi delle persone fisiche, sui redditi delle società e dell’Irap, mantenendo la scadenza di giugno 2020.
L’unica, minimale, agevolazione prevista, riguarda gli acconti di imposta per il 2020, i quali potranno essere calcolati sul reddito previsionale 2020, ma in caso di insufficiente versamento delle somme dovute non si applicheranno sanzioni ed interessi se l’acconto versato per il 2020 sarà almeno pari all’80% del debito di imposta complessivo del medesimo anno.
Lo scorso anno, con l’avvento degli Isa, sono state prorogate le scadenze fiscali di tutti gli operatori soggetti agli stessi. I versamenti delle imposte a saldo dell’anno 2018 e quelli relativi al I acconto per l’anno 2019 sono stati posticipati dal 30 giugno 2019 al 30 settembre 2019. Oggi, con una pandemia in corso, paragonata da molti ad una evento bellico, sono state inspiegabilmente confermate le scadenze di giugno 2020.
Alla luce di quanto sopra, senza ulteriori sospensione da parte dello Stato dei versamenti tributari e contributivi, vi è il rischio che la nuova liquidità erogata alle imprese con garanzia pubblica serva in gran parte a tali versamenti e non al pagamento dei fornitori o agli investimenti necessari alla ripresa, tenendo conto, altresì, che al 30 giugno 2020 si verificherà una concentrazione di pagamenti di rilevate entità.
Un’azione di Governo un pò più coraggiosa potrebbe prevedere una riduzione delle imposte dirette per l’anno 2020 di almeno un 30% e finanziamenti a fondo perduto, in relazione alla perdita di fatturato degli operatori economici.
Trattasi di azioni evidentemente difficili da mettere in pratica, a causa degli attuali vincoli europei, i quali risultano ormai da rivedere, prima che sia troppo tardi.

* Segretario dell’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Fermo



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