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Sanità in area montana: «Servono soluzioni stabili, dall’ambulanza con infermiere a bordo al Distretto dei Sibillini»

LE RISPOSTE ai problemi emersi negli ultimi giorni (Potes del 118 di Amandola, guardia medica di Comunanza) mettono in evidenza criticità non nuove. Parlano il presidente dell'Unione montana Fabrizio Vergari, il sindaco di Comunanza Alvaro Cesaroni ed il referente Siiet Paolo Armillei

Alvaro Cesaroni, Paolo Armillei, Fabrizio Vergari

 

di Maria Nerina Galiè

Con la mazzata che pandemia ha dato alla Sanità, dappertutto, garantire i servizi nelle aree montane sta diventando un problema. E viene da pensare che lì, se non si fa “rumore” – ed il terremoto ne ha fatto parecchio accentrando le attenzioni sui comuni dei Sibillini che più ne hanno fatto le spese – pian piano si tende ad allentare l’attenzione. Ma sembra non essere così, perché di fronte al grido di allarme lanciato da sindaci e sindacati, pronti a dare battaglia – è il caso della guardia medica a Comunanza e della Potes medicalizzata del 118 di Amandola – sono arrivate rassicurazioni. Resta comunque il nodo cruciale della carenza di personale, tra pensionamenti, sospensioni per i non vaccinati e contagi da Covid, i cui numeri sono ancora alti e riguardano anche gli operatori sanitari. E la coperta, se non si trovano soluzioni, rimarrà sempre la stessa, troppo corta e non basta per tutti.

Tra le soluzioni possibili, infermierizzare le ambulanze (la proposta è del Siiet) che operano sul territorio ma anche riesumare un vecchio progetto, quello della realizzazione del Distretto Sanitario del Sibillini, abortito per motivi “campanilistici” dicono alcuni, per altri “logistici” e risolvibili mettendo mano alla legge regionale. Avrebbe un senso anche alla luce della prossima realizzazione del nuovo ospedale.

LA GUARDIA MEDICA – Dall’estate, per far fronte alle maggiori esigenze della costa ma è ancora così, ad Amandola si divide i turni con Santa Vittoria, senza pertanto garanzia del servizio ai cittadini che ogni volta non sanno a chi rivolgersi. Così come gli operatori del 118 che attivano la guardia medica di competenze: «E’ sempre un problema – affermano – perché alla chiamata, non sappiamo mai quale delle due sedi è aperta».

I disagi sono tanti: «Il medico che da Santa Vittoria deve andare a Montefortino, di notte, non ha vita facile», commenta Fabrizio Vergari, sindaco di Santa Vittoria e presidente dell’Unione montana dei Sibillini

A Comunanza, la battaglia del sindaco Alvaro Cesaroni è finita con un confronto con l’assessore regionale Filippo Saltamartini ed il nuovo direttore di Area Vasta 5, Massimo Esposito. Finita, si fa per dire, in quanto deve iniziare il tutto: i vertici della Sanità locale e regionale hanno promesso l’impegno a trovare medici disposti ad andare a Comunanza, per coprire tutti i comuni del versante piceno dei Sibillini, a fronte di un incentivo economico che però deve essere legittimato da accordi contrattuali. «Saltamartini ed Esposito mi hanno spiegato che il problema non è dei soldi – commenta Cesaroni – ma di come darli ai professionisti, i cui contratti al momento non prevedono questa opzione». Ma intanto di notte, per il servizio di continuità assistenziale, è attiva la postazione di Paggese di Acquasanta, con tanto di disagio per i medici che, seppure non ricevono tantissime chiamate, rischiano di passare le ore in auto tra i monti della Laga e i Sibillini. Nei festivi e pre festivi a Comunanza la guardia medica c’è, per ora, dalle 8 alle 20, ma già a marzo si prevedono salti di turnazioni.

La Potes di Amandola

LA POTES DI AMANDOLA – In questo caso l’accordo contrattuale che prevede il gettone per prestazioni aggiuntive – per forza in quanto non c’è la possibilità di incastrare le ore nelle normali turnazioni – esiste dal 2019 ed è elargito dalla Regione Marche in aggiunta agli “oneri a carico dell’ente”, cioè dell’Area Vasta di competenza. La postazione di Amandola, che è ha 24, per ora non sarà demedicalizzata come è accaduto a Sant’Elpidio a Mare (infermierizzata e h12): lo ha assicurato Roberto Grinta, direttore di Area Vasta 4, ai sindaci del territorio interessati ed ai sindacati, davanti al prefetto di Fermo Vincenza Filippi (leggi qui).  La soluzione resta quella che già alcune sigle sindacali avevano rappresentato, ad Amandola vanno medici in forza al 118 per l’Area Vasta 5, dove sono in 17 contro i 12, tra un po’ 10, del Fermano (leggi qui).

AMBULANZE E AUTO CON INFERMIERE A BORDO – La criticità è relativa alla penuria di medici, non di ambulanze pronte ad intervenire. Perché il territorio montano è coperto, in effetti, dalla Croce Rossa dei Sibillini che ha sede a Comunanza in h12, e dalla Croce Azzurra di Santa Vittoria, in h24. Quest’ultima, addirittura, se la Potes di Amandola è impegnata sulla Valtenna, Servigliano ad esempio che pure deve coprire, si porta lungo la Valdaso, nel parcheggio del distributore di carburanti a metà strada tra Ponte Maglio e Comunanza, per dare garanzia di intervenire sul territorio nei 20 minuti.

Nel Fermano, le postazioni medicalizzate del 118 (unico per Piceno e Fermano) sono 3 al momento, Fermo-Porto San Giorgio, Montegiorgio e Amandola, nel Piceno 4, due delle quali ad Ascoli (ma una è h12), una a Offida e l’altra a San Benedetto. Poche per un territorio così vasto dove, di fatto, si spostano due mezzi: quello delle Croci, i cui volontari svolgono un lavoro prezioso, che però devono essere seguiti da ambulanza o auto con a bordo un operatore sanitario, medico o infermiere a seconda della gravità.

Ed ecco la proposta di Paolo Armillei, in qualità di referente regionale della Società italiana Infermieri Emergenza territoriale (Siiet) – leggi qui. «Tanti problemi sarebbero risolti dotando le ambulanze, che lavorano sul territorio, di un infermiere specializzato nell’emergenza. E’ una figura professionale che sarà centrale a breve, come lo è in altre regioni d’Italia. Nelle Marche, la prima auto infermierizzata opera proprio nel Fermano, a Sant’Elpidio a Mare. I riscontri sono tutti positivi. Anche a Petritoli l’ambulanza, non l’auto in questo caso, infermierizzata sta dando ottimi risultati». Anche perché un buon servizio sul territorio decongestiona i Pronto Soccorso, al collasso e non solo per l’emergenza pandemica.

«Per come sono adesso i numeri dei medici del 118 – aggiunge Armillei – e per come saranno nei prossimi anni, la soluzione trovata per Amandola è solo un palliativo».

IL DISTRETTO SANITARIO – Per le zone montane, dove la lotta allo spopolamento è agguerrita, è indiscutibile che l’assistenza sanitaria gioca una partita importantissima. All’incontro di luglio scorso, ad Amandola (leggi qui), con il presidente della Regione Francesco Acquaroli, in occasione delle giornate di ascolto dei territori per ripensare il Piano Socio Sanitario, era tornato alla ribalta il Distretto Sanitario dei Sibillini, che comprendesse i comuni del Fermano, del Piceno e qualcuno anche del Maceratese.

Ci crede ancora Fabrizio Vergari: «Sarebbe la vera soluzione, ma si devono abbattere le barriere campanilistiche». Vergari è stato anche autore di una lettera indirizzata ai vertici della Sanità regionale per denunciare le gravi carenze nelle zone interne. Ecco alcuni stralci: «I nostri territori sono posti a molti chilometri di distanza da qualsiasi presidio ospedaliero, con una elevata presenza di anziani sparsi su un ampio ed impervio territorio e con una viabilità di montagna impossibile da percorrere in tempi brevi, in particolare nella stagione invernale, che metterebbe a serio rischio la vita di tutti i cittadini dell’entroterra fermano. Inoltre, la nostra postazione del 118, come potrà verificare, è una delle postazioni con un alto numero di chiamate e soprattutto ha offerto, da sempre, una prestazione medica qualificata “sul posto”, in quanto la popolazione locale, per scelta, tradizione e lontananza dei servizi, è sempre restia al trasporto dei familiari in ospedale. Se così fosse, ritengo che si sia superata ampiamente la soglia della dignità, che è quella di assicurare, almeno, i livelli minimi di sicurezza sanitaria previsti per legge nei riguardi di ciascun cittadino che vive nell’entroterra della provincia di Fermo».

A credere nel Distretto dei Sibillini è anche Alvaro Cesaroni, seppure consapevole che è necessario modificare la legge, nella parte in cui si prevede, oggi, che il Distretto debba ricadere nell’Area Vasta di competenza. «In questo caso sarebbe Amandola – spiega Cesaroni – con la conseguenza che un paziente soccorso a Comunanza oppure a Force verrebbe ricoverato al “Murri” di Fermo invece che al “Mazzoni”. Non è per nulla un fattore da poco, né  accettabile,  per le famiglie.

Ma sono certo che, nel ripensare il Piano Sanitario, la Regione risolverà questo inghippo. Si deve tener conto che nelle aree interne, la Sanità deve essere programmata in modo diverso».

Nel frattempo a Comunanza è ormai pronto il Centro polifunzionale di Protezione Civile, realizzato dalla Croce Rossa Italiana, con i soldi degli sms solidali per il sisma 2016. «E’ un altro tassello importante per garantire i servizi sanitari e di soccorso ai cittadini in caso di calamità – sostiene Cesaroni – per questo chiederò che il servizio di Croce Rossa, ora h 12, sia esteso ad h24».

Come vede la possibilità che le ambulanze della Cri siano dotato di infermiere a bordo? «Senza dubbio sarebbe un’ottima scelta». A conferma che le strutture non mancano, ma rischiano di rimanere vuote o sotto utilizzate se non si implementano le figure professionali.

L’assessore Baldelli durante un recente sopralluogo ad Amandola

L’OSPEDALE DI AMANDOLA – Risolvere il nodo della competenza territoriale è alla base anche del nuovo assetto che vede centrale l’spedale di Amandola, ormai prossimo alla realizzazione. Nelle parole dell’assessore regionale Francesco Baldelli (leggi qui), sarà pronto entro quest’anno e dotato di tutti i servizi. Anche qui c’è chi nutre dei dubbi, relativi alla disponibilità, da parte di medici e infermieri, ad essere distaccati lì.

IL REPARTO MEDICINA – Sembra invece sempre più difficile credere che il reparto Medicina, trasferito a Fermo dopo il sisma, tornerà davvero in Amandola, che sia nella struttura realizzata con i fondi della Protezione Civile o nel vecchio “Vittorio Emanuele II”, come ha suggerito di recente il gruppo consiliare “Amandola è dei cittadini” (leggi qui). E qui non è solo per la cronica mancanza di personale, quanto più per la difficoltà nel gestire un reparto senza alle spalle una vera e propria organizzazione ospedaliera, in grado di intervenire in caso di aggravamento del paziente e di cure multidisciplinari.

Resta però da chiedersi: della struttura costruita a Pian di Contro, 2 milioni e mezzo di euro e più, che se ne farà in futuro? 

 

 



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