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Santa Lucia, Alessandrini: «Grazie alla Steat l’area è rimasta nella disponibilità pubblica e aperta a più ipotesi»

L'EX PRESIDENTE della società di trasporto pubblico risponde alle domande sui motivi che lo hanno portato ad acquistare l'area dalla quale oggi il suo successore vorrebbe traslocare

Fabiano Alessandrini

di Giorgio Fedeli

«C’è un nuovo presidente ed un nuovo cda, faranno le loro scelte assumendosene la responsabilità davanti ai soci, a tutti i soci, non solo il comune di Fermo, come mi è parso di intendere, come d’altronde abbiamo fatto noi in passato». E’ la risposta di Fabiano Alessandrini interpellato, in qualità di ex presidente Steat, sull’ipotesi di cessione dell’area Santa Lucia. Alessandrini, nei giorni scorsi, è tornato alla parlare della Steat in replica alle dichiarazioni dell’attuale presidente, Remigio Ceroni, che ha delineato un quadro certo non roseo della società di trasporto pubblico locale.

«Ho parlato soltanto per amor di verità e per difendere il mio lavoro e quello del cda, sono state dette cose fuori luogo, dipingendo una situazione della Steat lontana dalla realtà e soprattutto dai bilanci, regolarmente approvati da tutti i soci, comuni di Fermo, Rapagnano e Montegiorgio compresi, e certificati dagli organismi di vigilanza e controllo. A tal proposito è curioso che il giorno prima si parli di società in difficoltà ed il giorno dopo si pensi ad un investimento di 4/5 milioni di euro. E’ per caso uscito il primo premio della lotteria di capodanno a Fermo?».

Ceroni, però, sostiene che l’attuale deposito «è inadeguato», quindi l’acquisto fu una scelta sbagliata?

«Visto che rimettendolo sul mercato contano di ricavarci più di quello che è stato pagato direi proprio di no. Ripeto, non intendo sindacare le scelte altrui, è legittimo pensare ad un deposito più grande e funzionale. L’attuale, pur sufficiente, non è certo il massimo. Posso però dire le motivazioni per cui noi decidemmo di acquistare Santa Lucia, le stesse portate in quell’occasione all’assemblea dei soci, dove le uniche osservazioni vennero dal sindaco di Servigliano, Rotoni, e non in merito all’acquisto da parte di Steat, ma contestando il mancato acquisto da parte del comune di Fermo a soli 650 mila euro prima della gara».


Allora ci illustri queste ragioni

«La prima ragione è stata che non avevamo un’altra area adeguata dove andare nel breve termine. I tempi che il privato ci dava per traslocare, abbiamo fatto un incontro dopo l’asta e prima di esercitare la prelazione, non erano compatibili con il tempo necessario per realizzare un nuovo deposito, parliamo di almeno 3 anni. Poi le valutazioni economiche. Trovare un’area pianeggiante a Fermo è quasi impossibile, e spostarsi in periferia, magari a Girola, comportava per l’azienda un aggravio di spese per i km a vuoto per le attestazioni giornaliere al capolinea di Fermo, di circa 300 mila euro annui. Per attrezzarla e costruire il nuovo capannone con officina di almeno 5 mila mq, oltre agli uffici, ci vogliono almeno 4/5 milioni di euro. Il deposito di Porto Sant’Elpidio, 1500 mq di edificio su un’area di 3 mila mq è costato 1,3 milioni di euro, fate voi i conti. Parliamo dunque di più del doppio dell’investimento rispetto all’acquisto della santa Lucia. A meno che non ci sia un apposito contributo da parte della Regione, sia per il nuovo deposito che per i nuovi chilometri necessari alle attestazioni, e forse ci potrebbe essere l’occasione grazie al nuovo ospedale, è per l’azienda un investimento insostenibile, mentre l’operazione Santa Lucia è stata una operazione dal punto di vista finanziario quasi neutra, la rata del finanziamento viene coperta in larga parte dai soldi dell’affitto che pagavamo al Demanio e dal recupero fiscale conseguente. La terza ragione è legata alle nuove gare per l’assegnazione del servizio. Avere un deposito di proprietà il più possibile vicino ai capolinea da un vantaggio competitivo importante. Chi altri potrebbe offrire un deposito a 200 metri dal terminal? La gara era, e deve rimanere, il principale obiettivo, se la Steat dovesse perderla sarebbe destinata a chiudere, con conseguenze impattanti per il territorio e soprattutto per i dipendenti, coperti solo in parte dalle clausole sociali, penso al personale amministrativo che verrebbe considerato in larga parte in esubero.
La quarta, ma non per importanza, era che l’area rimaneva nella disponibilità del “pubblico”, quindi aperta ad ogni valutazione nell’interesse generale e non soggetta a contrattazione con i privati. Una assunzione di responsabilità sociale forte da parte di una azienda pubblica. Infine ci siamo anche chiesti, ma se dei privati sono disposti ad investire tali somme dichiarando pubblicamente, o soltanto per oggetto sociale, di volerci fare un supermercato, quando urbanisticamente non ci si può fare, ed il Comune di Fermo era dell’idea che “se ne può discutere”, allora perché non discuterne con l’azienda pubblica di cui il Comune è socio? Se il comune di Fermo vuole che la Steat traslochi faccia prima la variante urbanistica, e ridisegni l’area definendo la parte pubblica e quella privata. Allora sì che la Steat potrebbe ricavare una somma importante da reinvestire nell’ipotetico nuovo deposito ed il Comune vedere soddisfatte, sia pure in parte, le sue necessità».

Quindi come immagina la soluzione di questa vicenda?
«Non spetta a me dare soluzioni, dico soltanto che il vecchio cda ha posto le basi affinché tutte le soluzioni siano percorribili, nell’interesse prioritario dell’azienda di cui era responsabile, ed anche, mi permetto di dire, del “pubblico”. Dico anche che aggiustarsi la situazione con il solo comune di Fermo e nel solo interesse di quest’ultimo, che è comunque parte in causa importante, oggi forte anche della golden share sulla Provincia, non rientra nell’ “interesse generale” di cui la Steat è portatrice, la Steat è patrimonio di tutti».

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