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Mangialardi incassa il sì anche di Ricci,
ma per il codice etico è incandidabile

MARCHE 2020 - Endorsement del sindaco di Pesaro: «Da ieri sono al telefono con i leader nazionali del centrosinistra per far convergere tutti su di lui». Ma il rinvio a giudizio del sindaco di Senigallia per l'alluvione del 2014 è una spada di Damocle di cui nessuno ancora vuol parlare. Resta il nodo alleati, tutti si sono già espressi per continuare sulla linea Zingaretti-Gostoli: quella di cercare un civico

 

Luca Ceriscioli e Matteo Ricci

 

di Giovanni De Franceschi

Endorsement del sindaco di Pesaro Matteo Ricci per Maurizio Mangialardi in vista di Marche 2020: «Non solo sostengo la sua candidatura, ma da ieri sono al telefono con i leader nazionali del centrosinistra per far convergere tutti su di lui».  Alla vigilia dell’attesissima direzione regionale Pd di domani a Chiaravalle con il vicesegretario nazionale Andrea Orlando, anche colui che è stato considerato il “capo” della minoranza del partito depone l’ascia di guerra. E ora, dopo la convergenza di Area 70 sul sindaco di Senigallia, il passo di lato di Ceriscioli e il via libera arrivato ieri dalla sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, sembra proprio che la stragrande maggioranza dei dem abbia trovato il suo uomo. Al netto di qualche voce fuori dal coro: il deputato Mario Morgoni, il presidente del Consiglio Antonio Mastrovicenzo, tanto per citarne due.  Ricci lancia quindi un «appello alla responsabilità e all’unità. Da lunedì – aggiunge – si apre una fase nuova, iniziamo insieme la campagna elettorale. È arrivato davvero il momento della responsabilità e dell’unità. Mancano poche settimane alle elezioni regionali e da lunedì dobbiamo iniziare la campagna elettorale». Eppure non è tutto oro questo luccichio di buoni intenti.

Maurizio Mangialardi

Sono almeno tre i grandi problemi da affrontare per i dem prima di poter dire che i giochi sono fatti. Il primo, di cui nessuno né all’interno del partito né all’esterno ha ancora parlato apertamente, probabilmente per convenienza, è che Mangialardi stando al Codice etico del Pd è incandidabile. «Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare – recita la regola 5 del Codice – ad ogni tipo di elezione ­ anche di carattere interno al partito­ coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato emesso decreto che dispone il giudizio». Ed è proprio il caso di Mangialardi, rinviato a giudizio per l’alluvione del 2014 di Senigallia. Ora i casi sono due: o il Codice è cambiato e sul sito ufficiale del partito si sono scordati di aggiornarlo.  Oppure in molti stanno facendo finta di niente.  Secondo problema. Il partito per bocca di Zingaretti prima e del segretario regionale Gostoli poi aveva dettato una linea chiara: no alle primarie e caccia a un candidato civico in grado di unire tutto il centrosinistra. Da quando è iniziato a circolare il nome di Mangialardi, nessuno dalla segreteria regionale è intervenuto per comunicare un cambio di strategia. Se ne deduce che sia rimasta la stessa. Terzo problema, che si intreccia inevitabilmente col secondo: gli alleati. Prima Italia Viva e poi tutti gli altri Art.1, Azione, Diem 25, Italia in Comune, Le nostre Marche, +Europa e Uniti per le Marche (Psi, Verdi, Civici) hanno già detto molto chiaramente che non intendono in alcun modo derogare alla linea che lo stesso Gostoli aveva prospettato loro durante le consultazioni. Quella di convergere appunto su un candidato esterno ai partiti. Che poi sarebbe Sauro Longhi, perlomeno era lui il più quotato rispetto agli altri papabili Rodolfo Giampieri, Roberto Oreficini e Gino Sabatini. Ecco perché tutto questo spirito unitario che si sta formando intorno alla figura di Mangialardi potrebbe essere il classico castello di carta. Domani, quindi, nulla è scontato.

 



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