Dai test sierologici al Covid Center,
Terrenzi: “I fatti mi danno ragione”

SANT'ELPIDIO A MARE - Il primo cittadino: “L'Avis di Montegranaro ha capito l'importanza della mia proposta". E sul Covid Center: "I dati dimostrano che avevo ragione"

Alessio Terrenzi

Dalla scelta dell’Avis di Montegranaro di donare test sierologici ai suoi donatori alle riflessioni sul Covid Center di Civitanova Marche, il sindaco di Sant’Elpidio a Mare, Alessio Terrenzi a tutto campo. Partiamo proprio dai test: “Apprendo dalla stampa che l’Avis di Montegranaro ha disposto test sierologici gratuiti, per la ricerca di anticorpi Sars Cov2, per tutti i donatori iscritti alla sezione comunale veregrense. Qualcuno ha capito il valore e l’importanza di ciò che tempo fa ho richiesto e suggerito e mi complimento con loro e con l’Avis provinciale guidato da Franco Rossi che, non solo ha dato il suo ok al progetto di Montegranaro ma, sempre da quanto apprendo dalla stampa, ha garantito la dovuta sorveglianza sanitaria allo screening. Lungi da me l’intenzione di vantarmi ma, a quanto pare, quella dello screening su tutti i donatori Avis è stata un’altra intuizione giusta, oltre a quella relativa al Centro Covid di Civitanova che non andava fatto”.
Dopo aver suggerito e chiesto che venissero effettuate le analisi per la ricerca degli anticorpi del Covid-19 su tutti i donatori Avis, oggi mi complimento con quanti hanno capito il senso della mia proposta e sono passati ai fatti. Mi complimento, appunto, con l’Avis di Montegranaro anche se resto convinto – prosegue – che avrebbe dovuto essere l’Avis regionale a farsi carico dei costi di questa operazione. Effettuare questa stessa operazione a livello regionale, su tutti i donatori, avrebbe permesso di incentivare la donazione e di avere un’ampia fetta di persone monitorate per quanto concerne l’eventuale positività al Covid-19. Si è creata una evidente contraddizione tra la scelta fatta da Montegranaro e sostenuta a livello provinciale con la posizione dell’Avis regionale. Credo che i primi siano stati lungimiranti ed attenti”.

E passiamo al Covid Center: “I fatti mi stanno dando ragione: ciò che sostenevo, e cioè che non si dovesse procedere alla realizzazione del Centro Covid-19, è oggi provato dai fatti. Evidentemente la mia è stata una giusta intuizione che, però, si è preferito ignorare. Premetto, al fine di sgombrare il campo da malintesi, che certamente la gestione di una crisi sanitaria di tal portata sia stata faticosa per tutti quanti sono stati chiamati in campo quali gestori designati delle istituzioni pubbliche, in particolar modo della sanità. Su questo non vi è dubbio. Ci siamo trovati tutti davanti a scelte difficili da assumere senza poter attingere alle cosiddette ‘best practice’ sull’argomento e lo abbiamo dovuto fare senza poterci riflettere, visti i ritmi con cui l’epidemia è cresciuta travolgendoci. Sulla questione Centro Covid a Civitanova però alcuni di noi avevano le idee molto chiare e si è dovuto attendere poco più di un mese: tanto è bastato, affinché le esternazioni su cosa sarebbe successo fossero una ad una confermate dai fatti. Un centro sanitario – prosegue Terrenzi – che dopo essere stato ideato come supporto alle rianimazioni della regione, man mano, dato il rapporto tra i tempi di realizzazione effettivi, l’evoluzione della pandemia e le reali necessità sanitarie, si è trasformato in un ospedale per l’accoglienza di casi Covid post-critici, al fine di vuotare i nosocomi dai reparti Covid e tornare al normale regime di accoglienza delle altre patologie; sino ad arrivare ad una apertura per pochissime unità ed una chiusura dopo qualche giorno, con l’intento di trasformare la struttura da temporanea a permanente utilizzabile in caso di una nuova ondata epidemica.
Al contempo il personale sanitario a disposizione della Regione Marche si è rivelato insufficiente per coprire i servizi nella nuova struttura. E pensare che chi non condivideva le mie idee, per controbattere sosteneva che i 12 milioni di euro non si potessero investire nei nosocomi dismessi perché non sarebbero state sufficienti le dotazioni del personale da dislocare in più strutture.
I fatti, inconfutabili, ci raccontano oggi, sia sotto il profilo temporale di realizzazione della struttura all’ente fiera, sia per ciò che concerne il personale sanitario, che l’investimento doveva essere invece effettuato sulle strutture esistenti. Se così fosse stato ci saremmo ritrovati con i medesimi tempi realizzativi, più presidi ospedalieri che avrebbero garantito una più equa ridistribuzione sul territorio e la possibilità di utilizzo anche ordinario, extra Covid, delle strutture, ampliando quella base della medicina territoriale che tanto ci è mancata in questa emergenza, evitando il rischio di inutilizzo dei macchinari e strutture in genere.
Da tutta questa storia deduco che la programmazione futura della sanità regionale imporrà, a chi sarà chiamato a gestirla, di ragionare in questi termini, per garantire maggiore equilibrio territoriale dei servizi sanitari tra quelle zone periferiche oggi completamente sprovviste e quelle costiere o grandi città ove i presidi, ad oggi, sono decisamente sufficienti, evitando ai cittadini il più possibile il pendolarismo e garantendo il loro diritto alla salute indipendentemente dalla dislocazione territoriale regionale. Questa rimane la mia idea, che intendo portare avanti in ambito regionale”.



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